Se avete avuto a che fare con la marijuana almeno una volta, vi sarete di certo accorti che chi la assume avverte spesso sintomi ben precisi. Occhi arrossati, battito cardiaco accelerato, aumento della pressione. Ma si tratta solo di manifestazioni temporanee o c’è una correlazione tra consumo di cannabis e patologie quali ad esempio ictus, tachicardia e ipertensione cronica? In questo articolo proviamo a dare una risposta a questi dubbi, investigando gli effetti collaterali più comuni della marijuana. E confrontando la cannabis ad alto contenuto di THC con quella conosciuta come marijuana legale (di cui parliamo qui) , a base di CBD.
Marijuana: quali sono gli effetti collaterali sul sistema circolatorio?
È noto già da tempo che la marijuana sia un vasodilatatore. Il delta-9-tetraidrocannabinolo (anche detto THC) è infatti un principio attivo capace di influenzare diversi aspetti del nostro organismo; tra questi, il più comune e frequente è proprio il normale funzionamento del sistema cardiocircolatorio. Il THC promuove infatti l’espansione delle pareti delle nostre vene; e così facendo, costringe il cuore ad accelerare il battito per riequilibrare la differenza di pressione nelle arterie.
Da qui, i sintomi più comuni che si avvertono quando si fa uso di cannabis: arrossamento degli occhi e accelerazione del battito cardiaco. È proprio la vasodilatazione, infatti, a mettere in evidenza i capillari; e a dar loro quella sfumatura rossa che ben conosciamo. L’intensità di questi fenomeni e la loro durata dipendono, ovviamente, dalla percentuale di THC presente nella marijuana e dalla frequenza di utilizzo. Maggiore è la concentrazione di principio attivo assunto, maggiori e più duraturi saranno gli effetti sul nostro sistema cardiocircolatorio.
Marijuana e ipertensione
Visti gli effetti collaterali della marijuana sul sistema circolatorio, viene spontaneo provare a fare un collegamento tra questa e la condizioni di ipertensione. Chi soffre di ipertensione arteriosa, infatti, vive in uno stato di costante alterazione; la pressione a riposo, in questo caso, è molto più alta del normale. Le cause di questa condizione sono molteplici e spesso è lo stile di vita troppo frenetico e stressato a provocare l’aumento esagerato della pressione. I pazienti affetti da ipertensione, solitamente, vengono sottoposti a trattamenti a base di farmaci vasodilatatori. Ed è proprio qui che tornano in mente gli effetti della marijuana visti sopra.
Diversi ricercatori, infatti, stanno provando a sviluppare nuove terapie che sfruttino gli effetti vasodilatatori della cannabis per il trattamento dell’ipertensione. Abbiamo visto che il THC è in grado di stimolare l’espansione delle pareti delle vene, e di innescare dunque una diminuzione di pressione. Quale uso migliore, quindi, di quello collegato all’aumento costante e incontrollato di quest’ultima nei pazienti affetti da ipertensione?
Ipertensione e glaucoma, ad esempio, sembrano venir influenzati molto positivamente dalla somministrazione di dosi controllate di THC. La vasodilatazione ad opera della marijuana promuove l’abbassamento della pressione, riportando quest’ultima a livello molto più regolari.
Marijuana e ictus
Se da un lato si valutano gli utilizzi positivi, dall’altro si tiene sempre un occhio bene aperto al monitoraggio dei potenziali effettivi collaterali della marijuana. Uno di questi riguarda la possibilità di un aumento del rischio di incorrere in patologie gravi. Gli utilizzatori frequenti di cannabis sembrano infatti essere più soggetti a ictus e attacchi di cuore. L’aumento incontrollato del battito cardiaco, sommato a un’alterazione della regolare pressione arteriosa, potrebbero portare all’insorgere di alcune di queste patologie.
Per dare una risposta certa a questo quesito (e ad altri correlati ai rischi per il sistema cardiocircolatorio) è nato il progetto CARDIA, sviluppato a San Francisco quasi due decenni fa. Tra le numerose ricerche effettuate all’interno di questo progetto, ce ne sono anche diverse che si concentrano proprio sugli effetti della marijuana su ipertensione e tachicardia. Quello che emerge dagli studi è che c’è, innegabilmente, uno stretto rapporto tra consumo di cannabis e aumento del rischio di subire attacchi di cuore o fenomeni di ictus.
Questo, soprattutto nelle persone anziane. Il loro sistema è infatti già compromesso e dunque molto più soggetto a indebolimento. Di contro, un utilizzo saltuario della marijuana non causa effetti a lungo termine; ma solo micro-alterazioni destinate a esaurirsi nel giro di poche ore.
Le differenze tra CBD e THC negli effetti collaterali della marijuana
Abbiamo visto quali sono gli effetti collaterali più comuni della marijuana. Ora, ci viene naturale chiederci quanti di questi si presentino anche in caso di utilizzo di cannabis legale. Il CBD ha gli stessi effetti del THC? È in grado di provocare vasodilatazione e tachicardia? La risposta, a detta degli scienziati, è assolutamente no. Il modo in cui il cannabidiolo interagisce con il nostro sistema cardiocircolatorio, infatti, è ben diverso da quello del THC.
Il CBD non crea vasodilatazione, né conseguente aumento del battito cardiaco. La sua interazione con il nostro organismo è infatti molto più positiva rispetto a quella del THC. Il delta-9-tetraidrocannabinolo si lega al sistema endocannabinoide attraverso i recettori CB1 e CB2, provocando gli effetti che abbiamo già visto. Il legame del CBD, invece, è notevolmente più blando e meno invasivo.
L’erba legale è dunque molto più sicura, sotto questo punto di vista, rispetto alla cannabis tradizionale. Il suo basso contenuto di THC è una garanzia di assenza di effetti collaterali della marijuana light sul sistema cardiocircolatorio. E la presenza del CBD, che come abbiamo visto in passato ha molti effetti benefici sul nostro organismo, la rende l’alternativa migliore.
Articoli citati
GLAUCOMA, HYPERTENSION, AND MARIJUANA
John C. Merritt, MD
Chapel Hill, North Carolina
JOURNAL OF THE NATIONAL MEDICAL ASSOCIATION, VOL. 74, NO. 8, 1982 715
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2552967/pdf/jnma00062-0013.pdf
Marijuana Use, Diet, Body Mass Index, and Cardiovascular Risk Factors (from the CARDIA Study),
Nicolas Rodondi, Mark James Pletcher, Kiang Liu, Stephen Benjamin Hulley, Stephen Sidney,
The American Journal of Cardiology,
Volume 98, Issue 4, 2006, Pages 478-484,
ISSN 0002-9149, https://doi.org/10.1016/j.amjcard.2006.03.024.