Test marijuana: NBA annulla i test thc per la prossima stagione

Staff WeWeed

test anti-marijuana nel basketball
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In mezzo al turbine di controlli e decisioni che sta scuotendo il pianeta, i mondo dello sport rilassa i controlli. L’americana NBA sospende i test sulla marijuana.

Doping e test per gli sportivi in tempo di covid

Anche lo sport è stato impattato dai recenti eventi, e dopo un iniziale blocco totale delle attività, sono ripresi gli incontri, anche se rarefatti e distanti nel tempo.

E con la ripresa delle competizioni, naturalmente, sono ripresi anche i controlli sugli atleti per assicurarsi che i risultati ottenuti non siano da imputarsi alle sostanze assunte più che all’abilità del giocatore.

Gli esami antidoping sono tanti e vari e tra questi, i test anti-marijuana sono saliti brevemente alla ribalta. In questi ultimi mesi infatti la NBA ha annunciato che non sottoporrà gli atleti al test per la cannabis. Non è per ora una decisione definitiva, ma si riferisce solo alla stagione 2020-2021.

Test cannabis nello sport

Praticamente ogni sportivo è stato sottoposto prima o poi ad un test per individuare il thc. Che sia test del sangue, delle urine, del sudore o altri mille metodi, l’obbiettivo è lo stesso: capire se l’atleta ha fatto uso di marijuana.

Le motivazioni che hanno spinto le associazioni sportive a equiparare in taluni casi la marijuana al vero e proprio doping sono spesso fumose e deboli. Probabilmente derivano dai tempi in cui la conoscenza del THC era scarsa, e la guerra mediatica infuriava senza guardare in faccia nulla e nessuno.

Fatto sta però che il test per la marijuana è d’obbligo praticamente ovunque.

Almeno fino ad oggi.

Test THC e basketball

Con una decisione che ha scosso tanti appassionati, l’NBA non inserirà i test anti-marijuana nel suo protocollo per l’anno venturo. La notizia arriva all’inizio del mese, e a dirla tutta non è completamente inaspettata.

Già dalle prime partite disputate in tempo di restrizioni e quarantene infatti, l’intero ambiente sportivo americano ha iniziato a sciogliersi in quanto a erba e marijuana. Forse approfittando dell’attenzione dei media rivolta altrove, o forse del caos, in tanti hanno iniziato a esprimere opinioni positive riguardo il consumo di ganja.

Non che prima non succedesse, anzi. Quando si è amici di Snoop Dogg, come ad esempio il compianto Kobe Bryant, è praticamente impossibile non ritrovarsi con un joint in mano.

Però si trattava sempre di mezze parole, appena sussurrate. Ora invece la situazione sta diventando più amichevole e tranquilla. E permissiva, ora che i test anti-marijuana sono scomparsi dalla scena.

Sicurezza e correttezza nei test sportivi

La versione ufficiale, fornita da un portavoce della stessa NBA, menziona ragioni di sicurezza per la sospensione dei THC test. Il distanziamento sociale infatti è importante, e avere un’occasione in meno per entrare in contatto coi giocatori significa un’occasione in meno per contagiarsi.

test anti-marijuana e basketball
Snoop era un grande amico del compianto Kobe, tanto da regalargli un’auto per il suo ritiro dal mondo del basket

Ma forse sotto questa, comunque validissima, ragione si può trovare una nuova consapevolezza. Quella che tutto sommato, l’assunzione di marijuana non costituisce doping, e aiuta anzi l’atleta a rilassarsi e distendere i nervi. Sia alla vigilia di una partita importante, che come maniera per “recuperare” le forze dopo un incontro particolarmente impegnativo. C’è poi chi non ha mai fatto mistero del proprio consumo di marijuana, come Phil Jackson. Il leggendario coach detentore di tredici titoli in totale (due da giocatore, undici da allenatore) ha segnato la storia dell’NBA alle redini dei Chicago Bulls e dei Los Angeles Lakers. Esistono diverse riprese video dei briefing pre-partita negli spogliatoi che mostrano Jackson fumare marijuana con aria disinvolta, mentre espone schemi e strategie di gioco alla squadra.

Nessun “liberi tutti” dai test anti-marijuana

L’eliminazione dei test anti-marijuana dal curriculum della NBA non è però un via libera al consumo. I tempi non sono ancora maturi per quello. E infatti gli atleti “recidivi” cioè che sono stati già pizzicati con le mani nel sacco, ovvero con del THC residuo nel loro sistema, dovranno comunque sottoporsi ai test. E dovranno risultare puliti, come di consueto.

La marijuana e soprattutto il THC rimangono comunque sostanze ufficialmente proibite dal regolamento NBA. Ma per coloro che sono sempre risultati negativi, forse questa è l’occasione per potersi concedere qualcosina di più.

E noi non possiamo che essere contenti di una simile apertura. E aspettare fiduciosi che l’onda si estenda anche ad altri sport e perché no, persino alla società nel suo insieme.

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