Quando si pensa a come poter utilizzare una pianta di cannabis legale, il fumarla, che sia come infiorescenze o hashish legale, è certamente in cima alla lista delle possibilità. Ma la canapa torna utile anche in tanti altri settori, come quello edile, o il tessile. Ed è proprio quest’ultimo che vogliamo esplorare.
La canapa tessile è una varietà di cannabis sativa che produce piante con fusti particolarmente fibrosi e resistenti. Una scarsa concentrazione di THC la rende poco attraente da un punto di vista ricreativo, ma molto interessante per un utilizzo industriale.
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Hemp e canapa
Nella lingua italiana tendiamo a utilizzare il termine canapa come sinonimo di Marijuana, intendendo quindi l’intero genere. Al suo interno troviamo le tre specie indica, sativa e ruderalis (si discute ancora se quest’ultima sia una specie a sé, ma il consenso è largamente positivo). Quando parliamo di marijuana legale ad uso tessile quindi ci stiamo riferendo ad un intero genere e non, come sarebbe più corretto, ad una varietà di cannabis sativa particolare.
Nel mondo anglosassone sono, insolitamente, più precisi, e utilizzano il termine hemp per definire quella sottospecie di cannabis che ben si presta ad un utilizzo tessile e industriale. Ovviamente poi nel linguaggio colloquiale, hemp è sinonimo di marijuana da fumare. Ma lo è anche weed, ganja, pot, e mille altri che non ha senso considerare.
Questa confusione tra hemp e canapa è un’imprecisione della lingua italiana non completamente innocua, dato che possiamo chiamare canapa anche quelle varietà coltivate per le loro infiorescenze mentre l’hemp vera e propria contiene quantità troppo basse di THC per essere fumata.
Inoltre, sebbene l’intero genere della cannabis sia stato addomesticato da tempi immemori, ci sono evidenze di utilizzo della cannabis come fibra tessile risalenti a cinquantamila anni fa. Ciò la inserisce tra le prime piante che l’umanità abbia mai lavorato per produrre tessuti.
Breve storia della canapa tessile
La storia della canapa tessile inizia intorno ai cinquantamila anni fa. Non dobbiamo però pensare che a quei tempi venisse utilizzata per produrre vestiti o sacchi come quelli che conosciamo oggi. Sicuramente non esistevano le tecnologie per trasformare la fibra in filato, e il filato in tessuto vero e proprio. Una strada poteva essere quella di pressare le fibre di cannabis per trasformarle in feltro, ma probabilmente in tempi così antichi il vestiario non era così importante per la razza umana.
Ciò che invece era molto più utile erano corde e legami vari, che molto probabilmente rappresentano i primi usi ben consolidati della canapa tessile.
I prodotti tessili della canapa continuarono ad essere sviluppati e utilizzati estensivamente per tutta la storia dell’umanità, fino al sorgere di quella che gli inglesi chiamano Age of Sails. Ovvero l’epoca dei grandi viaggi per mare e della (ri)scoperta delle americhe.
Vele e canapa
In quel periodo infatti la canapa tessile era la una delle materie prime per la produzione di vele e cordame ad uso nautico. Ma fu la conquista dell’America a dare un ulteriore slancio alla sua coltivazione. Il nuovo mondo infatti era immenso e ancora relativamente vergine, e il suo clima era eccellente per la coltivazione della canapa tessile.
Con l’avanzare dei secoli, i velieri vennero sostituiti dai motori a vapore prima e a scoppio poi, e la cannabis in sé iniziò a venir demonizzata. Il suo consumo crollò, e con esso la sua coltivazione.
Solo in tempi più recenti si stanno lentamente riscoprendo i suoi innumerevoli utilizzi. O forse è più corretto dire che i pregiudizi che hanno affossato la cannabis tessile iniziano a mostrare le loro debolezze e a venir confutati. Si sta finalmente iniziando a parlare apertamente di vestiti di canapa, e la fibra sta iniziando a uscire dal mondo dell’industria per entrare in quella del tessile in generale.
La canapa come materia prima nel tessile
Ma come si arriva dalla piantina che conosciamo bene ad un tessuto?
La procedura non è molto difficile. E utilizza una parte solitamente trascurata della pianta. Non si usano infatti le infiorescenze, né le foglie, bensì si parte dal fusto.
Il fusto delle piantine di cannabis, di qualunque varietà, è fibroso e flessibile. Nella canapa tessile, le fibre sono particolarmente resistenti, e le piante vengono lasciate crescere fino a qualche metro d’altezza.
Solitamente, le piante vengono tagliate intorno al terzo mese di vita. Se vi sembra breve come lasso di tempo, ricordate che la canapa è una della piante che crescono più velocemente.
Appena raccolti i fusti di canapa sono ancora troppo compatti per tirarne fuori una fibra tessile. Vengono quindi lasciati all’aria aperta per qualche settimana. Muffe e batteri iniziano ad attaccare i fusti, e indeboliscono la matrice fibrosa. Naturalmente, è possibile accorciare i tempi immergendo i fusti in acqua o applicando direttamente un mix di enzimi che provvede a scindere la pectina. Sì, la stessa pectina che poi troviamo in gelatine e marmellate.
Una volta ammorbiditi, i fusti vengono quindi decorticati. La parte più esterna della pianta, la corteccia, viene separata dal nucleo centrale. Non sono proprio la stessa cosa, ma potete immaginarvi un gambo di carciofo, dove la parte verde e fibrosa è la corteccia esterna, mentre il centro biancastro e morbido il nucleo centrale.
È importante dividere così la pianta perché, pur essendo entrambe le parti composte da fibre di cannabis tessile, cambia la loro morfologia.
Il nucleo interno produce fibre corte e dense, utili principalmente per produrre feltro o altri tessuti molto compatti. Dalla corteccia esterna invece si ricavano fibre molto più lunghe. Fibre che possono poi essere cardate e filate propriamente, e finire poi in un vero e proprio telaio.
Non tutta la canapa tessile è uguale
Tipologia di lavorazione e soprattutto qualità della materia prima influiscono fortemente sulle caratteristiche del filato. La canapa tessile più comune produce tessuti ruvidi ma particolarmente resistenti, perfetti per creare vele, sacchi o altre coperture. I filati più pregiati invece provengono da piante di canapa selezionate e coltivate espressamente per un uso tessile. In questo caso, i fusti sono l’unica parte utilizzata, e il resto, infiorescenze e foglie comprese, viene smaltito come rifiuto. I tessuti così prodotti sono morbidi, e ricordano il comune lino, pur mantenendo un profumo caratteristico e molto piacevole.
Come spesso capita però, l’estrazione delle fibre morbide e lunghe dalla pianta genera una grande quantità di materiale di scarto. Materiale che non viene gettato via, ma utilizzato per creare corde e tessuti di minore qualità. Anche se quindi il materiale di scarto non viene sprecato (della pianta di cannabis non si butta quasi nulla, ogni parte ha un suo utilizzo), pesa comunque sull’efficienza del raccolto. È perciò difficile trovare indumenti di canapa tessile di buona qualità ad un prezzo contenuto. Difficile ma non impossibile, e forse la situazione migliorerà ulteriormente, man mano che il mondo ritornerà ad apprezzare la pianta.
La canapa tessile per l’ambiente
L’utilità della canapa tessile non si ferma alle sue caratteristiche fisiche. Bensì si spinge anche in ambiti di respiro più ampio, come l’economia e l’ecologia.
Le varietà di canapa sviluppate per uso tessile infatti sono molto resistenti, e crescono ad una velocità impressionante. Come abbiamo già accennato infatti, bastano tre mesi per avere un raccolto. Consideriamo poi che il periodo di stagionatura naturale si aggira intorno alle cinque settimane. Con un clima adatto, diventa possibile mantenere una produzione costante tutto l’anno. E non finisce qui.
La pianta è anche particolarmente resiliente alle condizioni avverse, ed è in grado di prosperare anche su terreni poveri o contaminati. Tanto che viene già utilizzata per la bonifica e la riqualificazione del suolo.
Naturalmente, mi riferisco solo alla varietà industriale della cannabis, la canapa tessile. Infatti le altre varietà sono parecchio più esigenti in termini di terreno. Ma non si tratta solo di resilienza. Assaggiare una Strawberry cresciuta in una discarica non è il massimo, dico bene?
La canapa tessile mostra quindi un ulteriore vantaggio: nessuno dei suoi prodotti è destinato al consumo umano. A meno che non vi chiamiate Rockerduck e dobbiate mangiarvi la bombetta.
L’economia della canapa tessile
Infine, il lato economico. Abbiamo già detto che la canapa tessile è resiliente. Ma è anche abbastanza frugale. Una volta piantata non necessita di troppe cure. Esistono ovviamente parassiti e malattie che ogni tanto la colpiscono ma nel complesso, non sono eventi catastrofici. Per questo come tipologia di coltura è molto adatta alle economie non ancora forti e solide, che non possono sostenere i pesanti investimenti e gli alti costi di mantenimento di altre piante tessili.
Anche la sua trasformazione in filato e poi in tessuto è relativamente semplice ed economica, almeno per quanto riguarda la versione meno raffinata. Per produrre il filato di canapa tessile non serve utilizzare solventi o altri agenti chimici, ad eccezione degli (opzionali) enzimi. E l’ambiente ringrazia.
Ma anche gli imprenditori ringraziano, poiché possono produrre tessuti a costi bassissimi e con tecnologie limitate.
La canapa come alternativa tessile equa e solidale
Riassumendo tutto ciò che abbiamo detto, e considerando i suoi notevoli vantaggi, la canapa tessile appare come una materia prima eccellente. Coltivarla è semplice, e anche i paesi meno sviluppati possono costruire piantagioni rapidamente ed economicamente. Il costo della manifattura è anch’esso basso. E la qualità dei vestiti che produce è paragonabile a quella del lino. Sembra un’ottima alternativa, ma lo è davvero?
Questo è presto per dirlo. Senza dubbio una maglietta in canapa inquina molto meno, sia come produzione che come smaltimento, della stessa maglietta in fibra mista. O peggio ancora completamente in nylon.
Tuttavia non bisogna saltare sul carrozzone del fanatismo, e ci sono applicazioni per cui la canapa tessile non è la scelta migliore. Ma non sono molte, e sicuramente se facessimo entrare più vestiti di canapa nei nostri armadi, il mondo ne trarrebbe beneficio. Sia perché hanno un minore impatto ecologico, sia perché così facendo aiutiamo l’economia di un settore un po’ troppo bistrattato.
Pensateci, la prossima volta che fate shopping online per un nuovo vestito.