Estratti e concentrati di cannabis: cosa sono e come si fanno

Staff WeWeed

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Oggi è molto diffusa la pratica di realizzare estratti o concentrati delle varie sostanze presenti nella cannabis, come cannabinoidi e terpeni. Rosin, Wax, Dub, vari tipi di hashish legale e non, olio cbd, sono solo alcuni dei più famosi.

Questi prodotti contengono concentrazioni molto più alte dei vari principi attivi della cannabis rispetto ai fiori grezzi. Nonostante siano conosciuti e utilizzati da migliaia di anni, il mercato degli estratti è cresciuto davvero tanto negli ultimi tempi, influendo molto sul nostro modo di consumare la cannabis. I metodi disponibili per estrarre queste sostanze e realizzare questi prodotti sono diversi. Tutti i procedimenti però comportano la separazione dei tricomi dai fiori della pianta. I tricomi sono quei piccoli peletti bianchi e cristallini che ricoprono la superficie delle infiorescenze di cannabis. Appiccicosi al tatto, contengono le sostanze chimiche che donano alla cannabis le sue proprietà.

I tricomi

Nelle piante di cannabis sono presenti tre tipi di tricomi ghiandolari (che producono cannabinoidi e terpeni):

  • tricomi bulbosi: sono i più piccoli. La loro dimensione va dai 10 ai 30 micrometri e possono essere formati da 1 fino a 4 cellule. Sono presenti su tutta la superficie della pianta, sulla quale formeranno delle piccole bolle contenenti la resina;
  • tricomi capitati sessili: presenti in numero più elevato e di dimensioni maggiori rispetto ai tricomi bulbosi. Possono andare dai 20 ai 100 micrometri ed essere composti da 8 fino a 16 cellule. Sono spesso presenti sulla base delle foglie;
  • tricomi capitati peduncolati: presenti in gran numero sul fiore di cannabis, sono i tricomi più grandi. Possono raggiungere i 500 micrometri di lunghezza ed essere visti ad occhio nudo senza troppe difficoltà. Sono anche i tricomi che producono la maggior parte dei cannabinoidi.

Estratti e concentrati della Cannabis

I concentrati di cannabis possono essere classificati in vari modi, ma la distinzione più grande è volta ad indicare se stiamo parlando di concentrati estratti con solventi o senza solventi. Un solvente, nel mondo della chimica, altro non è che una sostanza (in genere liquida) capace di scioglierne un’altra (in genere solida) per formare una soluzione. Nell’ambito della cannabis, i solventi più utilizzati sono l’alcol, il butano, il propano e la CO₂. In questo caso l’acqua non è considerata un solvente. I concentrati a base di solventi sono chiamati estratti.

Estrazione con Alcol

In questo tipo di tecnica, il fiore di cannabis viene messo nell’alcol, il quale dissolve terpeni e cannabinoidi. In genere si preferisce usare l’etanolo, perché non è tossico. Uno dei principali inconvenienti in questo processo è che le molecole di alcol, polari, potrebbero sciogliere molecole idrosolubili come la clorofilla. Questo darebbe all’estratto un sapore di erba non molto apprezzato dai consumatori. Un metodo per evitare tutto questo consiste nel decarbossilare l’infiorescenza prima di cominciare l’estrazione.

Per fare ciò si può mettere l’erba in forno, in un contenitore adatto, a 100 gradi per circa una mezz’ora. Fatto ciò, l’etanolo e i fiori andranno messi in congelatore, separatamente. Una volta raggiunta una temperatura di -15 gradi si potrà procedere a ricoprire l’erba con uno strato di qualche centimetro di etanolo. Meglio non lasciare i fiori in questo stato per più di pochi minuti, onde evitare il discogliersi di sostanze vegetali non desiderate. A questo punto non resta che eliminare l’etanolo. Per fare questo si possono usare dei filtri, professionali o caserecci come i filtri da caffè. Si procede raccogliendo il materiale filtrato, ricoprendolo d’acqua e mettendo il tutto a scaldare sulla fiamma fino a far fuoriuscire il solvente. Poi si filtra di nuovo. Potrebbe essere necessario ripetere il processo più di una volta.

Estrazione con butano

Il BHO (Butane Hash Oil) è un metodo di estrazione che usa soprattutto il butano liquido (ma può essere usato anche il propano) per estrarre i tricomi dalle cime di cannabis essiccata. Si ottiene collocando fiori di cannabis in un contenitore dotato di un filtro ad un’estremità. Attraverso questo filtro i fiori non possono passare. Il butano viene quindi fatto passare attraverso il contenitore e il filtro, portando con se cannabinoidi e terpeni lungo il movimento. Essendo il butano un idrocarburo non polare, è perfetto per raccogliere le molecole non polari lasciando indietro quelle polari, come la clorofilla. A questo punto il concetto è quello di riscaldare lentamente il butano per rilasciare un olio estremamente concentrato. La consistenza del concentrato può variare da fragile e simile al vetro (shatter), a densa e cremosa (budder) o densa e sabbiosa (crumble).

Estrazione con CO₂

Questo è il metodo più innovativo e avanzato per il momento. Purtroppo richiede per essere eseguito costose attrezzature da laboratorio ed è difficile che possa essere riprodotto in casa. Si basa sull’uso di CO₂ supercritica, ossia CO₂ che si trova in uno stato tale da possedere le caratteristiche sia di un liquido che di un gas. Lo stesso metodo usato per decaffeinare il caffè, per intenderci. La CO₂ in questo stato passa attraverso i fiori di cannabis, dove apre i tricomi e porta via con se le sostanze desiderate. Ora la soluzione passa in un’altra camera, dove grazie a diverse temperature e pressioni i cannabinoidi e i terpeni si separano in base alla loro solubilità. La CO₂ viene infine riciclata in un processo chiamato “estrazione a ciclo chiuso”.

Concentrati non a base di solventi

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I concentrati non a base di solventi si ottengono sfruttando solo temperatura e pressione. Per questo motivo non si può dire che siano “estratti”. Quando si parla di cannabis, estratti e concentrati sono infatti due concetti diversi. Come abbiamo accennato più su, inoltre, nel mondo della cannabis l’acqua non è considerata un solvente. Per questo motivo i concentrati che prevedono l’uso di acqua per essere preparati non sono annoverati tra gli estratti. L’hashish è un esempio di concentrato non estratto, ed è anche uno dei più diffusi. Viene solitamente prodotto dal kief setacciato, che viene riscaldato e pressato in blocchi. Il concentrato più semplice da produrre è proprio il kief, ottenuto raccogliendo i tricomi che si separano dal fiore di cannabis per sfregamento o setacciatura.

Bubble Hash

Leggermente più complessa è la preparazione del Bubble Hash, ottenuto utilizzando acqua, ghiaccio e forza centrifuga. Si inizia col mettere i fiori di cannabis in un secchio pieno di acqua e cubetti di ghiaccio, per poi agitarli e farli passare attraverso dei filtri. Le basse temperature aiutano a rimuovere un maggior numero di tricomi preservando molti dei terpeni che si possono perdere a temperature più elevate.

Rosin

Il Rosin utilizza calore e pressione per estrarre una densa resina dalle cime essiccate. Il risultato finale è, secondo alcuni, molto simile al BHO, ma senza l’uso del butano. Si prepara facilmente anche a livello domestico, semplicemente avvolgendo una cima in carta da forno e pressandola con una piastra per capelli per qualche istante. Ovviamente l’uso di piastre più professionali e regolabili offre anche risultati migliori.

Tra gli estratti della cannabis c’è anche l’olio di CBD, che può essere ottenuto dalla Cannabis Light.

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