Vi siete mai chiesti quali siano le differenze tra il CBD e il THC? Quali sono i benefici dei due principi attivi sulla nostra salute? E soprattutto, perché preferire il CBD al THC nell’uso medico, al di là dei ben noti motivi legali? Diamo una risposta a tutte le domande immergendoci nel mondo della canapa, dalla chimica che caratterizza i suoi principi attivi fino agli effetti medici documentati.
CBD vs THC: quali sono le differenze chimiche?
Intanto, facciamo le dovute presentazioni. Con il termine CBD, contenuto nell’olio CBD, ci riferiamo alla molecola 2-[(1R,6R)-3-metil-6-(prop-1-en-2-il)cicloes-2-enil]-5-pentilbenzen-1,3-diolo, anche detta cannabidiolo (nome decisamente più simpatico da ricordare). Si tratta di un metabolita (un prodotto del metabolismo) della Cannabis sativa, che non possiede effetti psicoattivi; ovvero, il CBD non è in grado di interagire con i nostri recettori neuronali CB1, responsabili tra le altre cose della percezione del dolore, del coordinamento e della memoria.
Il THC, invece, per gli amici Tetraidro-6,6,9-trimetil-3-pentil-6H-dibenzo[b,d]piran-1-olo o tetraidrocannabinolo è una molecola metabolita definita psicotropa, ovvero in grado di interagire con il nostro sistema neuronale. Benché entrambi vengano estratti dalla medesima specie (la Cannabis sativa, appunto), le differenze tra i due principi attivi sono notevoli. Al contrario del cugino CBD, il THC è capace di legarsi ai suddetti recettori CB1 e di alterarne il normale funzionamento. Da cosa dipende questa differenza? Dalla struttura chimica delle due sostanze. Anche se apparentemente molto simili, la molecola di THC possiede un gruppo reattivo capace di legarsi ai nostri recettori. La meccanica che sta dietro questa reazione è complessa ed esula lo scopo di questo articolo, ma è comunque facilmente consultabile online per chi volesse approfondirla.
Quello che a noi interessa, però, è che le differenze chimiche tra queste due molecole non influenzano solo la loro capacità di interagire con i nostri recettori neuronali, ma anche i loro effetti sul resto del corpo. Come? Vediamolo qui di seguito.
Gli effetti medici dei principi attivi della canapa
Sono numerosi gli studi già condotti sugli effetti medici del CBD e del THC, ma la ricerca continua. Benché ancora non siano note nel dettaglio tutte le interazioni di questi due principi attivi, siamo già in grado di individuare alcuni effetti molto interessanti. Recenti studi rivelano ad esempio che il CBD (e in misura minore anche il THC) sia in grado di interagire positivamente con il nostro sistema immunitario, dando origine a quella che in gergo viene definita immunomodulazione. È interessante inoltre notare che l’assenza di effetti psicotropici rende il CBD un candidato molto più interessante del THC per la cura di numerosi disturbi.
Tra questi, i principali sono:
- Dolore
- Infiammazioni
- Psicosi
- Malattie infiammatorie intestinali
- Convulsioni
- Nausea
- Emicrania
Al CBD è stata riconosciuta anche una potente azione ansiolitica, efficace soprattutto per neutralizzare gli effetti scatenati dal THC. A sua volta, il THC risulta utile nel trattamento di numerosi disturbi, tra i quali spiccano il glaucoma e la spasticità (disturbi per i quali in alcuni paesi viene prescritta a scopo medicinale). Ma, al contrario del CBD, il THC si porta dietro anche diversi effetti collaterali.
Tra questi, i più notevoli sono:
- Incremento della frequenza cardiaca
- Secchezza della mucosa orale
- Problemi nella coordinazione
- Occhi rossi
- Tempi di reazione rallentati
- Perdita di memoria
Negli ultimi anni, i ricercatori stanno sperimentando nuove formulazioni che permettano di sostituire il THC con il CBD nella cura di patologie come la sclerosi multipla e la spasticità muscolare.
Perché CBD e non THC?
E arriviamo dunque al punto cardine del nostro discorso. Perché scegliere il CBD e non il THC? Ebbene, se si esclude l’uso prettamente ricreativo del THC e si guarda solo alla sua interazione medica, risulta evidente che gli effetti secondari di questo principio attivo siano notevoli, soprattutto quando se ne considera un uso prolungato. Gli ultimi studi sul CBD sembrano invece rivelare che quest’ultimo non possegga importanti effetti collaterali. L’uso del CBD a scopo terapeutico si sta dimostrando un’interessante scelta medica, nonché una valida possibilità per il trattamento di disturbi più lievi (si veda, ad esempio, il vasto utilizzo degli oli al CBD). Inoltre, la sua capacità di interagire con il nostro sistema immunitario e di intervenire nell’immunomodulazione fa ben sperare in un’applicazione futura del cannabidiolo per la cura di malattie croniche e degenerative.
Allo stato attuale della ricerca è difficile dire con sicurezza se il CBD vedrà davvero un largo utilizzo nella medicina e nel trattamento quotidiano dei nostri disturbi. Ma è ancor più difficile non notare come i suoi numerosi effetti benefici e l’assenza di effetti collaterali dimostrati lo rendano già un’alternativa migliore del THC in un gran numero di applicazioni.